Manolo Salvagno Sua pagina Instagram |
Dopo alcuni tentativi, ci siamo riusciti, abbiamo avuto il piacere di intervistare un ragazzo bravo ,educato e soprattutto vero Gentleman di questo sport. Manolo Salvagno. A Manolo abbiamo chiesto tutto e lui in maniera esaustiva, ha risposto senza veli. Con piacere vi invitiamo a leggere attentamente le sue dichiarazioni.
1) Ciao Manolo! Da quanto tempo sei nel Floorball, come l'hai conosciuto e con chi hai
cominciato?
Ciao Floorball Mania! Sono nel Floorball da 14 anni, iniziandolo nel mio ottavo anno di età. L'ho
conosciuto tramite la diffusione scolastica ed ho iniziato con Sandro Di Tomassi presso la
A.S.D. Romana III MIllennio.
2)Di ruolo sei un difensore: hai sempre saputo di esserlo o ci sei diventato per caso durante gli
allenamenti?
Ricordo ancora nei miei primi anni di gioco, da bambino, la scelta di giocare in difesa. E' un
ruolo che permette di percepire il gioco con sensazioni diverse che mi hanno sempre
affascinato di più e che ancora oggi sento estremamente mie: forse più di allora.
3)Hai un giocatore particolare a cui ti ispiri?
Non più ormai, e da diverso tempo. Posso dire che negli anni della mia adolescenza avevo a
modello Mika kohonen, per me il più grande giocatore che abbia mai solcato un campo
dall'inizio della storia del Floorball. Trovo sia riuscito nell'impresa di imporsi nonostante la
pluralità delle sue caratteristiche, che certo non gli hanno mai permesso di essere, in termini
statistici, la figura in cima alla lista.
Più realisticamente, posso dire di aver trovato in Fabio Rocco le caratteristiche di un genere di
giocatore che sarei certo voluto diventare e di cui sento ora di aver raccolto parte delle sfide
lanciate a me stesso tempo prima.
4)Qual è la differenza tra il Floorball in Italia e quello all'estero? Escludendo, ovviamente, le
nazioni dove è altamente professionistico
Sono un grande sostenitore del modus operandi tipico di noi italiani. Trovo che molti giochi
europei siano di gran lunga più veloci del nostro e più legati ad una forte disciplina fisica.
Tuttavia, la formazione più sana sono convinto che nasca dalla disciplina del saper pensare alle
cose secondo dei tempi e dei modi naturali per noi stessi. Il nostro modo di giocare crea uno
spirito critico più saldo negli atleti, garantendogli, nel momento in cui vogliono massimizzare il
proprio atletismo, di avere tutti gli strumenti tecnico/tattici e di qualità di pensiero per ambire ad
un professionismo più elevato. Ovviamente, questo porta al rischio di rendere eccessivamente
meccanico l'apprendimento del gioco e di creare condizioni stagnanti che producono piccole
plusvalenze di miglioramento, rallentando il sistema di crescita.
5)Cosa potrebbe dare, in termini di sviluppo, il Coni al Floorball italiano?
Senz'altro, darebbe un impulso funzionale notevole. Poter camminare parallelamente al Coni in
un percorso di crescita, ci permetterebbe di attingere notevolmente a nuovi strumenti che
ancora non abbiamo. Tuttavia, trovo che l'entrata nel Coni possa segnare per questa
federazione un passo importante anche sul piano delle fragilità: non so se l'impianto e la
struttura floorballistica italiana sappia vivere di una passione così forte, identitaria e di unica
prospettiva al punto da non ottenere effetti indesiderati da questo ulteriore passo nel
professionismo. Forse abbiamo ancora un buon percorso di formazione istituzionale da seguire
prima di dirci maturi al punto da poter trattare con organi esterni. Credo che la direzione della
nuova presidenza si opportuna e giusta, ma da appassionato di floorball vedo ancora tanto
lavoro da fare.
6) Campione d'Italia U19 come allenatore, campione d'Italia con il team senior da giocatore:
stagione perfetta in Viking Roma. Ora cosa vuole Manolo Salvagno?
Si, trovo che sia stata una stagione ai limiti del pensabile sul piano dei risultati. Trovo che le
idee alla base del progetto Viking abbiano saputo essere in buona parte lungimiranti e, in
altrettanta buona parte, realistiche, creando un giusto e sano punto di equilibrio nelle
prospettive proprie della mentalità del club. Sicuramente, ora l'obiettivo è sapersi finiti e limitati
come sempre e da questo ripartire con gli stessi atteggiamenti propositivi e con lo stesso spirito
d'indagine, trattando però la forma delle richieste che si fa a noi stessi in un modo nuovo e più
adeguato ai nuovi fini.
Personalmente, invece, mi chiedo sempre di sentirmi messo in condizione di dare il meglio di
me, che è la sola e unica posizione in cui riesco a star bene, a divertirmi e a migliorare me
stesso e gli altri. E' una necessità che si instaura per una corrispondenza tra le mie emozioni,
che sono il motore delle mie azioni, e la mia libertà intellettuale, che è la mia guida.
7) Si dice che ami più fare assist che segnare: è vero? E, se sì, perché?
Più che dire che preferisco fare assist piuttosto che gol, preferisco dire che mi piace più
pensarmi il protagonista di un certo modo di giocare piuttosto che di un altro. Trovo che la
lettura del gioco che offre una posizione meno offensiva, non la offra nello stesso ampio raggio
un atteggiamento volto alla realizzazione di un azione. Mi piace costruire i primi passaggi per
dettare i tempi del gioco, staccarmi dalla mia posizione per occuparne di migliori (secondo la
disposizione tattica avversaria) e da qui poi continuare a mettermi nella condizione di pensare
alle giocate e soluzioni migliori per l'azione. Il gioco viene influenzato moltissimo da ogni scelta
del reparto difensivo, più di quanto si è disposti ad accettare. Il ruolo dell'attaccante trovo che
sia troppo legato alla casistica dell'azione e trovo che si abbia meno la possibilità di ragionare in
favore di un atteggiamento più istintivo, che non mi è proprio.
8) Il giocatore più forte con cui hai giocato, l'allenatore con cui ti sei trovato meglio e la persona
che ti ha stupito di più nel floorball italiano e perchè
Credo di poter dire che i giocatori più forti con i quali ho giocato siano due, rispettivamente
molto diversi l'un l'altro ma con una grande matrice in comune che è la capacità di
autodeterminarsi: Francesco Zanella e Andrea Abbruciati. Del primo penso che oltre che ottime
doti tecniche, abbia sviluppato una delle più complesse e articolate mentalità che si vedono nel
panorama italiano. Ha una buona concezione di tutti fattori del campo e gode della proprietà diconoscere molto bene se stesso, derivante da un continuo sperimentare che oggi gli permette
di avere lo spessore e l'influenza che ha. Il secondo, che per ruolo, percorso ed età trovo sia
meno completo del primo, penso che sia il giocatore più tecnico di tutto il campionato italiano.
Nei periodi di forma mostra una padronanza del ruolo che lo fa muovere come se facesse
questo da tutta la vita e lo facesse a livelli altissimi. Inoltre, trovo che sia estremamente abile nel
captare informazioni derivanti dal gioco che lo possano aiutare a garantirsi ancora di più una
buona prestazione, e questo è sintomo anche di una maturità e di una formazione che va oltre
la semplice esecuzione.
L'allenatore di cui sento di poter dire meglio è Jacopo Fazzi. Jacopo per me è stato qualcosa
che va oltre l'insegnamento della disciplina: ha saputo prendere una parte di me molto criptica e
altrettanto fragile, in un periodo della vita molto particolare. Jacopo ha preso tutta la vertiginosità
che era dentro il mio essere tredicenne e gli ha dato quanto di migliore possa chiedere un
ragazzo a quell'età: una grandissima fiducia. Se oggi sono convinto del mio percorso, delle mie
emozioni e del mio sentir di poter cambiare le cose è perchè credo essere ancora del tutto
legato all'esperienza di quell'anno di floorball: sento la percezione di quelle emozioni, che
accompagnarono i miei piccoli ma importanti obiettivi, ancora estremamente vicina.
Se sono lo sportivo che sono diventato credo di doverlo in larghissima parte a questa
sensazione di unicità che lui ha lasciato in me.
La persona della quale ho avuto modo di stupirmi più frequentemente e a cui devo la parte
razionale del mio essere sportivo è Daniele D'Anna. Daniele per me ha rappresentato lo scontro
con la quotidianità, l'evidenza che si fa ragionamento e ti mette davanti a tutte le tue
inadempienze. Trovo che Daniele abbia un modo di procedere che da sempre mi stupisce in
maggior quantità rispetto a tutto il resto. E di questo stupore, ho avuto la fortuna di farne una
virtù nel continuo scontro con un uomo che considero in larga parte un punto di riferimento e in
altrettanta misura un luogo di confronto e dibattito. Lo stupore nasce sicuramente dalla sua
capacità di rinnovarsi e dal coraggio che ha con se stesso nell'individuare, in modo preciso, le
cose che crede non siano opportune per il suo modo d'essere e per questo, poi, diventare
sempre qualcuno di migliore.
9) Stai recuperando da un lungo infortunio: a quando il rientro?
Si, sono dovuto restare fermo per più di sei mesi per diverse problematiche alle ginocchia. Sto
già rientrando in realtà, anche se per diversi impegni personali non riesco ancora a seguire un
programma serrato come mi piacerebbe
Ringrazio Floorball Mania per la bella opportunità e a presto!
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